IL NUOVO DISCO
Il 6 ottobre 2018 è uscito su Constellation Records "Daqa’iq Tudaiq", terzo capitolo discografico del duo libanese-canadese Jerusalem In My Heart (JIMH). Mischiando la tradizione musicale araba e l'elettronica moderna, Daqa’iq Tudaiq è un lavoro potente e innovativo, descritto dal New Internationalist come "un'accumulazione, complessa eppure lussureggiante, di trame sonore e linguistiche, pensata per trascendere i limiti della lingua e comunicare in modo diretto, libero e senza ostacoli".
Imperniato su voce, elettronica, buzuk e altri strumenti del compositore/produttore Radwan Ghazi Moumneh (Matana Roberts, Suuns, BIG|BRAVE) e completato dal lavoro analogico su pellicole 16mm e diapositive 35mm del filmmaker Charles-André Coderre, il progetto JIMH continua ad ampliare l'orizzonte del suo profondo coinvolgimento, sia concettuale che estetico, con le tradizioni arabe e mediorientali. Daqa’iq Tudaiq significa letteralmente "minuti che disturbano/opprimono/molestano" e consta di due lati distinti e separati.
Il lato uno è la realizzazione di un vecchio sogno di Moumneh: registrare una versione orchestrale moderna del classico Egiziano "Ya Garat Al Wadi” del leggendario compositore Mohammad Abdel Wahab. JIMH ha assemblato un'orchestra di 15 elementi a Beirut, affidando al celebrato musicista/compositore egiziano-canadese Sam Shalabi (Land Of Kush) l'arrangiamento e la direzione delle sessioni di registrazione.
Centrato sul ritmo dichiaratamente ipnotico di strumenti pizzicati e percussivi (riq, santur, debakeh, kanun) il brano si sviluppa con movimenti ampi, ricchi e riverberati, attraverso virtuosistici cambi di scala (i Magam orientali). La voce melismatica e la sensibilità da produttore elettronico di Moumneh rendono omaggio alle registrazioni storiche del genere, spingendoli, sottilmente e rispettosamente, verso nuovi territori di distorsione sonora e artificio rumoristico.
Il titolo originale della canzone (con il testo scritto nel 1928 dal poeta Ahmad Shawqi) sta per "Oh vicino della valle" ma JIMH ha scelto un altro passaggio del testo originale come nuovo titolo della sua re-interpretazione orchestrale-elettronica. Nella poesia di Shawqi.“Wa Ta'atalat Loughat Al Kalam” (“Il linguaggio del discorso si è rotto”) è un'espressione di amore silenzioso e comunicazione trascendente tra gli occhi di due amanti; JIMH reintitola la canzone in questo modo, arricchendo il sentimento di maggiore complessità, tragicità e senso socio-politico e anticipando così la rottura formale ed estetica che introduce nel brano stesso. L'amore ai tempi della politica e la politica in un mondo che cospira contro l'amore e la specificità dell'esperienza diasporica araba nel nostro brutale XXI secolo.
Il lato due comprende quattro tracce di materiale "solista" di Moumneh, che spinge oltre il lavoro di rottura e scomposizione/ricomposizione della tradizione verso territori avanguardistici: voce, buzuk ed elettronica prendono la scena in un flusso di canzoni emotive ed evocative, tra cui lo strumentale percussivo con tanto di loop “Bein Ithnein” (“Tra Due” ) e la traccia vocale processata, sorprendentemente straniante, di "Thahab, Mish Roujou', Thahab” (“L'atto di partire. Non tornare. Partire”).
Charles-André Coderre, la cui innovativa tecnica su pellicola 16mm fornisce l'intera identità visiva di JIMH, ha confezionato l'artwork del disco attingendo alle foto d'archivio della Arab Image Foundation, rifotografate e sottoposte a trattamenti chimici sperimentali di sua stessa invenzione.
Daqa’iq Tudaiq è una dichiarazione artistica imponente e magnetica e conferma Jerusalem In My Heart come uno dei più impegnati e lungimiranti progetti attivi oggi nel mondo dell'avanguardia musicale mediorientale.
CENNI BIOGRAFICI
Jerusalem In My Heart (JIMH) è un progetto/laboratorio audiovisivo nato nel 2005, il cui nucleo fisso è il produttore e musicista Radwan Ghazi Moumneh. Di nazionalità libanese, Moumneh ha speso gran parte della sua vita adulta in Canada ed è una figura di riferimento per la comunità musicale indipendente di Montréal, dapprima come chitarrista in numerose band degli anni '90 e poi, negli ultimi dieci anni e più, per l'infaticabile attività come ingegnere del suono e produttore presso il celebre studio Hotel2Tango. Degni di menzione gli interventi di Moumneh nel ruolo di ingegnere del suono per Matana Roberts (i tre capitoli della saga Coin Coin), Mashrou’ Leila, Ought, Eric Chenaux (con il quale ha anche realizzato un album collaborativo per Grapefruit Records Club) e Suuns (il disco JIMH & Suuns, uscito per Secretly Canadian nella primavera 2015, rimane ad oggi una delle realizzazioni più originali e intriganti di questi anni),
Moumneh è ancora molto attivo nella scena musicale sperimentale di Beirut e in generale del Libano, dove tuttora spende ogni anno lunghi periodi.
RASSEGNA STAMPA
"Tensione e lirismo, l’inquietudine del caos e la bellezza di un rito e di un ricordo, si incontrano nella musica di Radwan Ghazi Moumneh – metà audio dei JIMH, insieme a quella video che corrisponde al nome di Charles-André Coderre. Profeta di quello che chiama “cannibalismo culturale”, lontano dagli stereotipi della musica etnica e capace di portare l’elettronica e i field recordings dentro brani che parlano di esiliati politici, che suonano strumenti della tradizione araba e hanno la forma di una preghiera laica" Chiara Colli (Mucchio Selvaggio, Zero)
"il progetto dei Jerusalem In My Heart si traduce in un’esaltante esperienza mistica, in cui la realtà delle immagini e l’ascesi sonora creano una sintesi inedita e ricca di sfaccettature" Ondarock